Fegato grasso, una scoperta a Chieti può rendere le cure più efficaci

Individuato in uno studio internazionale, coordinato da medici dall’ospedale di Chieti e ricercatori dell’università “Gabriele d’Annunzio”, un marcatore nel sangue che permette di prevedere quali pazienti risponderanno meglio alla perdita di peso. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Cardiovascular Diabetology
Uno studio clinico condotto da medici dell’ospedale di Chieti, ricercatori dell’università “Gabriele d’Annunzio”, in collaborazione con l’Università di Zurigo e il Karolinska institutet di Stoccolma, ha portato a importanti scoperte nel campo della steatosi epatica associata a disfunzione metabolica (MASLD), una condizione cronica in cui il fegato accumula grasso in eccesso. Può evolvere in forme più gravi come fibrosi, cirrosi o addirittura tumore epatico, e colpisce milioni di persone affette da obesità e diabete di tipo 2.
Al momento in Italia non esistono farmaci specifici per trattarla. L’unica cura riconosciuta è la perdita di peso, ma l’efficacia varia molto da persona a persona.
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Cardiovascular Diabetology, ha dimostrato che i livelli della molecola IL-1β nei monociti del sangue possono predire la risposta positiva alla perdita di peso nei pazienti con steatosi epatica, indipendentemente dal tipo di intervento – farmacologico o basato su dieta e attività fisica.
Il team, coordinato da Francesca Santilli (nella foto), professoressa ordinaria di Medicina interna e responsabile dell’Ambulatorio di diabetologia nella Clinica medica diretta da Francesco Cipollone, ha coinvolto pazienti con obesità e prediabete o diabete mellito di tipo 2, trattati con Liraglutide o sottoposti a un programma di modifiche dello stile di vita. In entrambi i gruppi, una perdita di peso pari al 7 % del peso iniziale ha prodotto miglioramenti significativi dello stato del fegato, rilevati mediante risonanza magnetica. Tuttavia, i soggetti con alti livelli iniziali di IL-1β hanno mostrato esiti migliori, suggerendo il ruolo di questo marcatore nella personalizzazione dei trattamenti.
«Questi risultati aprono la strada a strategie terapeutiche più mirate e predittive», afferma Santilli. «Poter anticipare chi risponderà meglio alla perdita di peso rappresenta un vantaggio decisivo nella gestione clinica delle patologie metaboliche».
Il progetto è stato finanziato dal Ministero dell’università e della ricerca nell’ambito dei fondi per i Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin).
L’Ambulatorio di diabetologia dell’ateneo teatino, da anni riferimento per la diagnosi e il trattamento integrato di obesità e diabete, conferma il proprio ruolo di eccellenza nella ricerca traslazionale, grazie anche a una rete consolidata di collaborazioni internazionali.
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Ultimo aggiornamento: 4 Luglio 2025, 15:36